Salute è assenza di malattia?
Quando pensiamo alla parola “salute” nell’immaginario collettivo, scatta per contrapposizione la parola “malattia” e viceversa.
Salute è veramente assenza di malattia e malattia è veramente assenza di salute?
Per essere in salute occorre veramente eliminare la malattia?
E…, la malattia è veramente un mostro a sei facce da temere?
Innanzitutto la salute è uno “stato di completo benessere, fisico, mentale, psichico, spirituale, sociale per ottenere la propria e altrui serenità “. Si evince da queste parole che per stare bene occorre portare benessere in ogni sfera della vita. Occorre essere in forma fisicamente, mentalmente, emotivamente e spiritualmente.
Non sarebbe difficile stare bene se ogni giorno ci assumessimo la responsabilità di osservare ogni livello della vita per capire se c’è da fare qualche piccolo aggiustamento. Come del resto facciamo con la nostra macchina. Viaggiamo forse sempre in riserva? No, perché sappiamo che corriamo il rischio di rimanere a piedi. Se la luce dell’olio si accende, non corriamo forse subito a mettere olio? Si, lo facciamo perché sappiamo che altrimenti il motore potrebbe correre il rischio di bruciarsi con danni irreparabili. Se la ruota si fora, continuiamo a camminare con la macchina? No, ci fermiamo e la sostituiamo immediatamente.
Siamo forse meno importanti della nostra macchina? E allora perché non ci accorgiamo dei piccoli sintomi che reclamano i nostri interventi? Perché aspettiamo che i segnali superino la soglia di allarme per prenderci cura di loro. In fondo la macchina biologica che ci permette di vivere è lo stato primario per poi fare tutto il resto.
La salute quindi non è assenza di malattia, perché in certe situazioni è proprio la malattia che ci permette di ritornare a essere consapevoli del nostro corpo, dei suoi bisogni. E’ uno stato di malessere che ci scuote e ci fornisce l’impulso a fare qualcosa di differente dalle nostre malsane abitudini che ci hanno portato ad ammalarci. La malattia come impulso che ci rieduca alla salute.
La malattia quindi non è assenza di salute ma possibilità creata dal nostro corpo per ristabilire ordine dentro il disordine. Qui nasce la nostra responsabilità a prenderci cura di questa macchina biologica così complicata e rara che ogni giorno ci permette di vivere. Il nostro compito è osservare la malattia più che eliminarla, chiederci: perché una parte di noi si è ammalata? Lasciare che il sintomo persista senza soffocarne il grido per comprendere il significato. Ammalarsi è una richiesta d’aiuto che la nostra anima invia al nostro corpo per fermarci così da non continuare a fare la cosa che ci fa stare male. La malattia inizia sussurrandoci all’orecchio di cambiare qualcosa nel nostro stile di vita e solo quando vede che siamo sordi e non facciamo niente per migliorare, urla fino a fermarci come la macchina senza più benzina.
Allora, forse dobbiamo alla malattia una parte della nostra salute, e a noi la gratitudine verso un “caos auto generato” che ci riporta alla salute?
In conclusione quel mostro a sei facce dal quale dobbiamo scappare o combattere, visto da questa ottica, potrebbe trasformarsi in angelo custode che ci guida a smettere di fare la cosa sbagliata e ci induce a cominciare a mettere ordine in ogni sfera della nostra vita. L’ordine per essere sani riguarda non solo l’aspetto puramente di meccanica biologica ma il campo infinito dei nostri pensieri che ogni giorno tentano di boicottare la nostra salute con credenze insalubri, la sfera delle emozioni che ci fanno oscillare in maniera bipolare da giù a sù con l’idea malsana di preferire le emozioni positive a quelle negative. La salute si cela nella totale accettazione di ogni emozione che arriva, in assenza di giudizio, lo sguardo ama ciò che c’è senza preferenze. E infine non dimentichiamo lo spazio sacro del nostro cuore che ci invita a non dimenticare i bisogni della nostra anima, le nostre intenzioni diventano realtà anche attraverso la preghiera. Non dimentichiamoci che i miracoli, quando ritorniamo in linea con le leggi universali, accadono.
Ph Jessica Aldeghi
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