PERCHE’ LEI E NON IO ?
E poi c’era lei, occhi da cerbiatto e capelli come il grano, selvaggia al punto giusto, il resto, un tratto di delicatezza che solo gli angeli conoscono. Esile ma abbastanza morbida da farti innamorare dei sui fianchi, ogni passo una danza verso i sogni. Lei differente da ogni altra donna, unica e inimitabile, non certo come clone di bellezza ma perché emanava la “vera bellezza” quella che scaturisce come una sorgente d’acqua fresca e di getto zampilla senza riserve. Mi piaceva, in sogno molte volte ho indossato i suoi abiti di lino, trasparenti, capaci di farti intravedere tratti di pelle, ho cercato di imitare i suoi gesti che ai miei occhi la dipingevano bambina scanzonata e al tempo stesso donna in piena sbocciatura, come una rosa al massimo del suo splendore. In sogno avrei voluto danzare nello stesso ritmo, flessibile come un fiore che si lascia portare dall’amore del vento, convulsa in quei tratti dove la rabbia ti brucia come fuoco che arde, malinconica nel viaggio verso antichi ricordi, dove le lacrime sono la melodia del cuore. Anch’io volevo riuscire a dare un passo alle mie emozioni e volteggiare leggiadra senza paura di perdermi, in sogno volevo essere lei. Mi pareva più bella, mi chiedevo… Perché lei e non io? Perché Dio l’aveva scelta tra tante? Eppure anche la mia pelle aveva conosciuto la stessa innocenza. Non comprendevo.
Poi un giorno, al chiarore dell’alba, quando tutto intorno ti sembra incantato, così silente da farti sentire uno con ciò che ti circonda, la vidi. Mi sembrava lontana come i cherubini invisibili che ti osservano senza che tu li veda. Eppure era così vicina quasi a toccarmi. Seduta guardava L’aurora svelare il suo mistero mentre si frangeva al lago, un foglio bianco simile a una nuvola e una penna posata in un sasso a forma di cuore. Ogni cellula, anche quelle, che vibranti circondavano il suo corpo raccontavano la gioia di vivere. Solo tracce di stupore, come se gli occhi si fossero aperti alla vita solo ora. La osservavo come un ospite curioso che entra senza chiedere il permesso, ero ingenuamente sfacciata, come una bambina che cerca il suo stile sbirciando qua e là. Quando a un tratto mi disse: siediti accanto a me, ed io di soprassalto come se mi avesse scoperto a rubare i suoi silenzi, mi ritrovai seduta accanto a lei. Il viso infuocato tradiva la mia vergogna, sarei voluta scappare, fermare il battito con le mie mani tremanti, eclissarmi dentro la luna buia, o come una meteora bruciare nello spazio celeste e sparire nel nulla. Eppure ero lì di fronte a lei che mi guardava con un sorriso disarmante e gentile da toccarti le corde dell’anima. Ero lì così vicina da vedere le sottili pieghe del viso, che raccontavano le sue ferite, lì da riconoscere quei tratti dove l’adolescenza raccontava le sue storie, lì dove le lacrime avevano scavato doloranti e i sorrisi si erano fatti spazio senza contenersi. Accanto a lei, da sentirne il profumo, mi pareva vaniglia e cannella, dolce e caldo come le notti d’estate quando le cicale sbattono le ali e rumoreggiano in cerca di frescura. Lì, un solo sguardo che a tratti mi pareva d’essere sola, uno spazio silenzioso che conteneva tutte le parole che avrei voluto dire, che emanavano complicità e carezzevoli respiri di compassione. Ero felice e anche lei sembrava esserlo. In sogno ho sognato questo momento, ora era ancora più bello. Fissa ai miei occhi lei mi disse: sono felice che tu sia qui, ho sempre desiderato conoscerti, da lontano ti osservavo e mi chiedevo come avesse potuto Dio dipingere una creatura bella come te, nel tuo corpo ho scorto una farfalla, e dai tuoi occhi ho visto scaturire i fili sottili del sole, ti ho ammirato e ho chiesto a Dio, perché lei e non me? In quell’attimo ho compreso.
Ph autore sconosciuto
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